A pochi chilometri da Calatafimi Segesta in direzione sud-ovest si trova su un colle (m.421 s.l.m.) una contrada, che già in documenti dei primi del secolo
XVII veniva chiama Chianti di Rumanu (Vigneto di giovani piante della famiglia Romano), e oggi è nota come Pianto Romano.
Su questo colle si erge il Mausoleo, che custodisce i resti dei volontari garibaldini e dei soldati borbonici caduti nella battaglia che il 15 Maggio 1860 si combatté lungo il versante occidentale di questo colle. I soldati napoletani, usciti quella mattina da Calatafimi, dove si erano acquartierati nei giorni precedenti, erano schierati in cima al colle in posizione dominante; i volontari garibaldini, che arrivavano da Salemi, passando per Vita, si schierarono dirimpetto sul colle Pietralunga.
La battaglia durò circa quattro ore, e si concluse quando i garibaldini dopo ripetuti, estenuanti assalti conquistarono alla baionetta la cima del colle; provocando la ritirata dei soldati borbonici verso Calatafimi. Fra i volontari garibaldini ci furono 41 morti e 126 feriti; fra i soldati napoletani 62 feriti e probabilmente una trentina di morti. I corpi dei caduti vennero lasciati sul campo di battaglia e e seppelliti in seguiti in una fossa comune segnalata da una semplice croce. Dopo 32 anni, il 15 Maggio
1892, venne inaugurato l’attuale mausoleo, costruito su progetto dell’architetto palermitano Ernesto Basile e fu inaugurato lo stesso anno.
Il monumento che ha la forma di un obelisco sorge proprio sulla sommità dell’altura che fu teatro di quella battaglia, della quale Garibaldi scrisse:
«Calatafimi, avanzo di cento pugne, se all’ultimo mio respiro gli amici mi vedranno sorridere per l’ultima volta di orgoglio, sarà ricordandoti: poiché io non rammento una combattimento più glorioso»
E’ questo un monumento di antica classica arte italiana con elementi greci, fusi in perfetta armonia; è alto m. 30, visibile anche a grande distanza, e di quella severità e semplicità di linee di cui il genio creatore dell’artista aveva, a pochi chilometri, splendidissimo esempio, il Tempio di Segesta.
E’ una forte costruzione a base quadrata, con mura scarpate orizzontalmente sagomate, di compatto calcareo di Alcamo, coronata all’ingiro da fregio e
cornice dorica con acroteri agli angoli, raccordata per mezzo di gradini ad un alto obelisco e conci, ornato a metà di sua altezza di una severa corona
di bronzo con la Trinacria e due palme. La decorano ai lati due gruppi di bronzo di Battista Tassara, dei Mille, raffiguranti lo sbarco di Marsala e la battaglia di Calatafimi.
Per la scalea che si avanza sul prospetto si sale all’Ossario, che del monumento è la parte più nobile e interessante. Superato il classico ingresso, arco etrusco fra due pilastri che sostengono il frontone dorico, si è nel sacrario, semplice, grave e solenne, dove si resta compresi come da un mistico senso di arcano che vi aleggia e vi domina.
fonte: Leonardo Vanella
Alla fine del viale dei cipressi, Viale della Rimembranza, il 15 maggio 1960 è stata posta una stele, regalo della Regione Siciliana in occasione del centenario del combattimento, in essa sono scritte le famose parole che Garibaldi disse a Nino Bixio:”Qui si fa l’ italia o si muore”.